Overview
Da vedere
Si parte dal parcheggio del Parco giochi di Ceredello. Ceredello è una piccola borgata, un tempo autonoma e oggi frazione del Comune di Caprino Veronese. La sua presenza è attestata almeno dalla metà del secolo XII, quando sul finire del secolo iniziano ad essere anche documentate le considerevoli proprietà che in luogo aveva il Capitolo della cattedrale di Verona. Si svolta alla prima a destra e quindi all’incrocio ancora a destra, sul percorso ciclo pedonale. Dal qui si ha un’ampia visione della piana di Caprino Veronese che delimita a sud la dorsale del Monte Baldo, visibile a nord. Il Monte Belpo.
Parco giochi di Ceredello
Si percorre la ciclabile che attraversa il territorio agricolo della piana di Caprino, con coltivazioni di frutteti, viti e pascoli. Sulla destra, durante il corso del cammino, una vista suggestiva sul monte e sulla pianura mettono quiete e senso di pace, essendo immersi nella natura. Subito dopo, a rinforzare queste sensazioni, si trova un albero vicino ad un ruscello con tanto di sassi che sembrano fare da diga al ruscello stesso.
Vista dalla ciclabile
Superati questi due punti ci si trova vicino alla zona industriale del Bran, dove ci si può riposare sedendosi su delle panchine in legno.
Area picnic
A destra si scorgono i monti Bandiera, Lenzino e Luppia che si affacciano sul Lago di Garda. La piana offre un paesaggio agricolo dove prevale la coltivazione della vite, in particolare per la produzione del vino Bardolino.
Al termine del sentiero si svolta a sinistra e si segue la strada principale che aggira Corte Bran. Edificata intorno al ‘400, rappresentata sugli arazzi visibili ai Musei Vaticani, Corte Bran costituiva anch’essa proprietà della Curia di Verona. Si tiene la sinistra e si imbocca la pista ciclabile che corre a fianco di un terreno boschivo, fino ad arrivare al Parco Giochi di Ceredello, e si ritorna al punto di partenza.
Vista ciclabile
Quick Info
- Altitudine massima 248 m
- Dislivello 18 m
- Distanza 3 km
- Tempo di percorrenza a piedi 1 ora
Suitable
- An Adult (18+) can supervise up to 8 children (6-15 years and over 1.2m).
- Adults can supervise from the ground or up on the course.
- 16-17 year olds do not need supervision.
- Adults who are up for testing their limits in the great outdoors.
Restrictions
- Minimum age: 10 years old
- Maximum weight: 20.5 stone (130kg)
- Designed for those over 13 years old and 7 stone/45kg
- Minimum height: 1.4 metres (4ft 7")
More activities
Il sentiero dei monaci
Da vedere
Un’associazione, quale la presente, che si fregia dell’espressione pro loco, già nell’intestazione dichiara in modo esplicito, senza riserve, di intendere operare esclusivamente a beneficio della locale comunità di Caprino Veronese: aliena da secondi fini, da interessi privati. Espressione comune di un associazionismo vitale che, nelle varie connotazioni, caratterizza le nostre generose popolazioni, si identifica, però, per l’attenzione, in particolare, riservata alla valorizzazione, alla promozione del territorio caprinese nei suoi aspetti paesaggistici, ambientali, storico-artistici. Così la Pro Loco si fa attiva protagonista di innumerevoli iniziative indirizzate alla conservazione e alla valorizzazione di un patrimonio che si vuole anche condividere e fra queste si pone il progetto “ I cammini della Corona”.CAMMINO DEI MONACI
Dall’Eremo di San Giorgio al Santuario della Madonna della Corona
Presentazione
Il progetto “I cammini della Corona” nasce dalla dichiarazione del Ministero dei Beni Culturali e Turismo che ha proclamato il 2019 come “Anno nazionale del turismo lento”. Il turismo lento è un turismo di nicchia che si propone quale alternativa al turismo “tutto e subito” o “mordi e fuggi” perché presuppone il camminare con ritmi che consentono di guardarsi intorno, concedendosi il tempo di osservare, di assaporare, di ammirare e di vivere l’esperienza di un luogo “ascoltandone” le storie. La ricchezza storica, culturale, religiosa ed anche enogastronomica del nostro territorio può in tal modo essere messa a disposizione di chi intende vivere un’esperienza “intima” (anche se non necessariamente solo) e crede che il camminare a “passo lento” sia una filosofia in cui le gambe sono sì il veicolo ma è la persona intera che entra in gioco; il cammino stesso ci procura un senso di libertà che è anche un guardare (non solo un vedere distrattamente e velocemente), uno scoprire un territorio, un rendersi conto di quello che è o è stato, un relazionarsi con le persone e le “cose” che si incontrano e si scoprono. Il progetto “I cammini della Corona” è impostato appunto sul paradigma del “camminare lento” ed è imperniato su due caposaldi del nostro territorio: l’Eremo camaldolese di Bardolino ed il Santuario della Madonna della Corona. Abbiamo pensato quindi a vari itinerari che, partendo da direzioni diverse (l’alto lago di Garda, il baso lago, le colline di Rivoli, Ferrara di monte Baldo), arrivino a questi due punti nevralgici del territorio con una serie di varianti che spesso, intersecandosi tra loro, permettono al viandante di scegliere il proprio “cammino”. Oltre agli splendidi paesaggi naturali, che lo accompagnano, il “camminatore” entra in relazione con un patrimonio storico, artistico, spirituale, dato dalle numerose chiesette medioevali, dai capitelli, dalle croci votive, ma anche dai palazzi, dalle ville, dai monumenti, dalle fontane e dai lavatoi: da tutto ciò che i nostri antenati hanno costruito e ci hanno lasciato in eredità perché, appunto, ne potessimo “godere” con coscienza e responsabilità. Nei più o meno lunghi percorsi, infine, non possono mancare dei momenti di sosta e luoghi, che abbiamo debitamente provveduto ad individuare e a segnalare, dove sostare e riposare; rifocillarsi, gustando i prodotti tipici, per “assaporare” il nostro splendido territorio, e, magari, trascorrere anche la notte. Walter Pericolosi Prefazione Quello cosiddetto religioso è a tutt’oggi il turismo più diffuso che muove su tutta la Terra masse di fedeli di ogni confessione. Si tratta di un fenomeno generale, trasversale che non riguarda soltanto l’universo cristiano, in particolare cattolico, e trova le sue motivazioni, ben oltre l’aspetto prettamente turistico del viaggiare, del visitare-conoscere, in una necessità, dall’uomo sempre avvertita, di un soccorso soprannaturale nei pericoli, nelle calamità che il semplice fatto di esistere comporta; di un conforto ai mali, alle sofferenze dell’anima e del corpo. Così fin dalle origini del Cristianesimo, magari anche sollecitato dalle narrazioni agiografiche, si assistette ad un flusso di devoti che si mettevano in viaggio per recarsi sui luoghi dove si conservavano le sacre reliquie o le spoglie tumulate dei santi. A Verona, per restare in un ambito a noi prossimo, fin dagli inizi del V secolo il vescovo Petronio scriveva di come al sepolcro di Zeno, il santo patrono della città, convenisse una folla di devoti, di afflitti nel corpo o nell’anima a implorarne l’ausilio e di come egli provvedesse prodigiosamente a guarire gli infermi, a mondare gli animi dal peccato, restituendo la gioia della purezza. Ovviamente fin d’allora non poteva essere ignorato, aspetto di certo profano ma di sostanza, l’opportunità di profitto che tali flussi di devoti comportava. Ricorderò, dicendo di una santa pure a noi vicina, l’Adelaide prigioniera sulla rocca di Garda, che, una volta accoltene le spoglie mortali, i monaci del monastero dei Santi Pietro e Paolo, a Seltz in Alsazia, provvidero prontamente a redigere un Liber miraculorom, dove si narrava dei miracoli dalla santa compiuti: un testo proprio ad uso dei pellegrini, ad incentivarne la devozione, le visite e… le donazioni. In tempi meno lontani è nota a tutti la diffusione del culto per la Vergine ed il proliferare di venerati santuari, quali, sempre in un ambito locale, quelli della Madonna della Corona a Spiazzi, della Madonna del Frassino a Peschiera, della Beata Vergine del Soccorso a Marciaga. In questi convenivano non solo singoli devoti, ma persino intere comunità, come si sa della gente di Bardolino che nel 1665 si era recata processionalmente al santuario della Corona ad invocare la pioggia. Ottenuta la grazia, un celebre quadro venne fatto dipingere per ex voto a tramandarne la memoria. E mantenere il voto era un adempimento così grave che nemmeno la morte poteva sciogliere. Così in testamenti del Quattro-Cinquecento non sono infrequenti disposizioni da parte dei testatori a che i propri eredi siano tenuti, personalmente o tramite dei sostituti, a soddisfare il voto di un pellegrinaggio al santuario della Madonna di Loreto, alla basilica di Sant’Antonio di Padova, ma pure alla chiesa della Madonna della Corona che in vita non avevano potuto mantenere. E oggi, nonostante il distacco dai valori dello spirito, ci tenta ancora il farci pellegrini e cercare consolazione ai nostri giorni, quando questi ci assalgono cupi e minacciosi. Giuliano SalaIl santuario della Madonna della Corona
La leggenda popolare In una notte di giugno del 1522 alcuni abitanti del Baldo notarono degli intensi bagliori luminosi provenire dalle rocce attorno alla Corona, un luogo inabitato, molto impervio e praticamente irraggiungibile. Questi, stupiti ed incuriositi da quella luce, si protesero, affacciandosi, sulle alture rocciose sottostanti, e udirono provenire dal basso una dolce melodia. Così, anche più meravigliati, avvertirono la necessità di accertarsi di quanto accadeva e di “svelare” quel mistero! Non c’erano allora sentieri percorribili, le pareti rocciose erano inaccessibili: l’unico modo per raggiungere il luogo, da dove provenivano la luce e la delicata melodia, era quello di farsi calare in basso attraverso corde annodate. Ed ecco, messo in atto lo stratagemma, la sorpresa: una statua della Madonna, con il Cristo morto sulle ginocchia, che emanava una “strana” luce. Dopo attimi di smarrimento, scioltisi nella preghiera, decisero di issare in alto la bella statua, perché tutti la potessero ammirare e la collocarono quindi in una piccola cappella alla quale accorsero subito numerosi fedeli. Ma l’indomani la statua era “sparita”: tutti la cercarono, ma nessuno riusciva a trovarla, finché decisero di calarsi ancora da quelle rocce e… la ritrovarono miracolosamente nel luogo del giorno precedente. La riportarono così nella cappellina e ancora, durante la notte, la statua “ritornò” tra le rocce. I devoti abitanti compresero allora che quella era la volontà della Madonna e quindi, proprio dove era apparsa, costruirono un’edicola in muratura ove riporre la statua. La voce naturalmente si diffuse e tra i vari pellegrini che vi accorsero ci furono anche alcuni cavalieri Gerosolimitani i quali riconobbero in essa la statua della Madonna scomparsa d’improvviso da Rodi nel 1522, quando l’isola era caduta in mano ai Turchi: gli angeli l’avrebbero trasportata tra le rupi del Baldo. Walter Pericolosi Cenni storico-artistici su edifici religiosi e luoghi di spiritualità lungo “Il cammino dei monaci”
Eremo di San Giorgio di Bardolino
La Congregazione camaldolese di Monte Corona, a seguito di donazioni, avviò sul monte San Giorgio di Bardolino la fondazione di un eremo che, ultimato nel 1665, venne nel 1672 eretto in priorato. Soppresso nel 1810 in causa delle disposizioni napoleoniche sugli ordini monastici, il complesso dell’eremo fu acquistato dal conte Danese Burri che fece abbattere le cellette di mezzo, mentre le laterali furono adibite ad abitazione dei contadini, impiegati nella lavorazione dei terreni messi a coltura. Nel 1885 la Congregazione lo riacquistò dagli eredi insieme a tutto il monte San Giorgio e vi inviò nuovamente dei monaci. Questi, tranne che per una breve parentesi fra gli anni 1962-1972, vi rimasero fino a quando nel 1993 a loro subentrarono i monaci camaldolesi di Toscana ai quali l’eremo era stato concesso in comodato dal vescovo di Verona. La chiesa monacale, costruita in stile moderatamente barocco sulle rovine di un antico oratorio, è a un’unica navata con sacrestia e tre cappelle laterali; pregevole il coro con 24 stalli in noce ad accogliere i frati nella recita dell’Ufficio Divino giornaliero. Fra i dipinti, che ornano gli altari, ricordiamo le pale con le raffigurazioni di San Giorgio e il drago, di autore ignoto e in passato erroneamente attribuita a Giovanni Tedeschi, di San Romualdo, opera di Palma il Giovane, e della Vergine fra sant’Anna e san Gioacchino di Francesco Paglia. Cimitero militare tedesco di Costermano Sul colle Le Guardie, in località Baesse di Costermano, si stende in uno scenario di verde punteggiato d’erica il Cimitero ossario realizzato fra gli anni 1956-1967. Qui furono raccolte le salme di oltre 22.000 soldati tedeschi, caduti negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, tratte da cimiteri militari e occasionali luoghi di sepoltura dell’Italia settentrionale. I filari ordinati delle lapidi ne segnano le sepolture in un monito contro la guerra e anelito di pace. Recentemente il comune di Costermano sul Garda ha avviato il progetto per la realizzazione di un parco contiguo, significativamente denominato Parco dell’amicizia dei popoli. Oratorio di San Rocco di Pesina L’oratorio di San Rocco, che si affaccia sul lato sud della strada che da Costermano porta a Pesina, è documentato almeno dal 1523 con funzione di accogliere alla celebrazione della messa la gente del posto, specie i contadini nel periodo estivo. Nel tempo ebbe diverse ristrutturazioni fino all’aspetto odierno con facciata in stile neoclassico, unica aula, dotata di due cappelle laterali, e abside quadrangolare, dove si conserva la seicentesca pala d’altare di Giovanni Ceschini con la raffigurazione del santo titolare; addossato alla controfacciata un elegante coro sopraelevato. Sull’esterno della parete est si eleva il campanile quadrangolare, sormontato da tamburo ottagonale e cuspide piramidale in laterizi, con sulla sommità una statuetta assai rovinata che avrebbe raffigurato san Rocco.- 879 metri
- 20,5 km
C1 – Pesina/Boi/Piozze/ Castello/ Pesina
Da vedere
Lavatoio pubblico di Pesina
Si prosegue fino all’antico insediamento di Salgar, formato da costruzioni ad arco risalenti al 1300 e poi in Via Salgar, verso via delle Loppie; a 100m sulla destra si trova il vecchio fontanile detto “fontanel” con annesso un abbeveratoio per animali:Fontanel
Si gira a sinistra, si costeggia la “valletta comunale”, fino ad incrociare la Strada comunale delle Loppie. Qui si gira a destra e dopo 300m si arriva all’antica Corte Malaspina, si gira a sinistra e si passa davanti alla chiesetta della Madonna della Mercede e si arriva alla fontana-lavatoio di Boi:Fontana-lavatoio di Boi
Si prosegue su via Porton, costeggiando un antico pozzo proprio di fronte il vecchio “Comun de Boi”. Si riattraversa la via principale Pesina-Caprino, fiancheggiando la carreggiata per circa 200 metri. A questo punto si sale, a sinistra, sulla strada delle “Fornase”, sulla destra si nota il lavatoio della contrada:Lavatoio della contrada
Risalendo si raggiunge l’abitato di Piozze, con la croce votiva in pietra eretta dalla famiglia Chignola nel 1839. Si tiene la sinistra e, ai margini della strada, si scorge la fontana-lavatoio di Piozze:Fontana-lavatoio di Piozze
Si prosegue verso ovest e, girando a destra, si arriva in località Casetta quindi, le località Le Tane e Moschetta. Da qui si scende verso l’unica strada che fiancheggia, a nord, il parco di Villa Negrelli e, giunti al bivio, si tiene la sinistra costeggiando la località Castel, antico castelliere preistorico; si arriva al cimitero che incorpora i resti della primitiva chiesa parrocchiale di Pesina presente dal 1460, dedicata a Santa Cecilia. Si scende lungo la strada fiancheggiata dai cipressi e si arriva al punto di partenza.- 365 metri
- 140 metri
- 5,8 km
C2 – Caprino/ Rubiana/ Gaon/ Caiar
Da vedere
Lavatoio di Rubiana di sotto
Si prosegue sino ad incontrare via San Lorenzo, si svolta a destra e poi, prima del bivio, sul sentiero a destra fino a ritrovare l’abitato. Una breve rampa, superata la strada, porta nella piazzetta su cui si affaccia la chiesa di S. Eurosia su cui è posta una lapide che ricorda i rastrellamenti nazifascisti del 28 gennaio 1945. Quindi si scende fino ad incontrare la stradina che da Rubiana porta a Gaon, che si raggiunge (prendendo a sinistra) in una decina di minuti circondati da viti ed alberi da frutto. Giunti a Gaon si prende a sinistra in leggera salita e si raggiunge in pochi metri il bel lavatoio vicino a casa Zeni, per poi, ritornando sui propri passi, in breve giungere alla fontana-lavatoio di Gaon:Lavatoio Gaon di Sopra
Fontana-lavatoio di Gaon di Sotto
Una breve deviazione ci porta nel centro della frazione alla chiesa di S. Rocco:Chiesa di S. Rocco
Si scende verso Casette ammirando sulla sinistra i resti di un mulino e più sotto un’altra piccola fontana; si prosegue in discesa passando vicino ad una casa che ospitò nel 1925 il grande fisico Enrico Fermi e si giunge in pochi minuti a Caiar. Qui si prende a sinistra, si ammirano una meridiana ed un affresco all’esterno di una casa, si oltrepassa un portico e si arriva alla bella fontana “rosa” del 1827; si ritorna (a destra) sulla strada principale ed in 5 minuti in discesa si raggiunge, vicino all’ex fabbrica Cometti, una bella fontana racchiusa all’interno di mura quadrate. Infine, seguendo le indicazioni, si arriva facilmente alla fontana Al Vignol per poi proseguire fino alla partenza a Villa Carlotti.- 392 metri
- 135 metri
- 6,3 km
C3 – Platano/ Pazzon/ Tasso/ Porcino/ Lubiara
Da vedere
Lavatoio di Villa Nichesola, Mulino di Val Secca, Lavatoio di Porcino e Lubiara, Valle del Tasso e «Gorgo» del Tasso. LE VIE DELL’ACQUA ripercorre antichi tracciati in cui troviamo fontane, lavatoi, molini che testimoniano l’ingegno dell’uomo e il suo modo di organizzare il territorio e le sue risorse. Partenza in località Platano dov’è possibile visitare Villa Nichesola (aperta in giorni feriali), e il lavatoio collocato nel giardino all’uscita del corso d’acqua del laghetto della villa.Lavatoio
Si sale alla frazione di S. Martino con l’omonima chiesa-oratorio del XIII secolo, casa dell’Abate e lavatoio. La strada prosegue verso nord con a sinistra lo stabile Bertoldi e figli, che un tempo era un mulino, e a destra un piccolo lavatoio. Si prosegue fino alla provinciale per Spiazzi e girando a destra si giunge ad uno dei mulini di Val Secca, con funzione di segheria per legname, con ruota e canaletta in pietra ripristinati e funzionanti:Mulini di Val Secca
Proseguendo verso Spiazzi si arriva a Villa Cariola, più avanti sulla sinistra si vede la sorgente Fontana e Capitello detta Mascheron. Si prosegue fino a Pazzon con la fontana, scavata in unico blocco di marmo rosso Verona. A destra della fontana si prende il sentiero per la Val del Tasso, dove si incontra un pregevole lavatoio, quindi si prosegue fino alla valle con il “Gorgo”, una cascata naturale del torrente:Val del Tasso
Si prosegue verso la località Porcino, famosa nel secolo scorso per la fabbrica dei “copi”, coppi di Porcino; ancora oggi sono visibili le fornaci. In questa contrada vi è la fontana-lavatoio in marmo rosso Verona:Fontana-lavatoio in marmo rosso Verona
Si sale alla frazione di Cimaino e da qui, con un bel panorama sulla vallata di Caprino e sul Monte Baldo, si arriva in località Ori di Sopra, si prende la strada per le cave di marmo e si sale per 200 mt, per poi scendere a destra verso Località Gamberon. Qui girando a sinistra si arriva a Lubiara, tenendo la strada per Caprino, si incontra prima la bella fontana, e più avanti il lavatoio: Arrivati a Villa Colpani-Becherle-Sandri, si gira a sinistra e si scende fino ad un piccolo capitello, proseguendo a destra si arriva ad un altro capitello. Ritornando sui passi fino al capitello, si può salire nella corte del complesso Sometti e visitare i lavatoi. Girando a destra si arriva alla Villa dei Camini (Montagna), al Platano dei 100 Bersaglieri e passando il ponte si ritorna al parcheggio davanti a Villa Nichesola.- 439 metri
- 157 metri
- 10,4 km